Il ruolo delle donne nell’era della transizione energetica
In occasione della Festa della Donna abbiamo intervistato alcune laureate in Ingegneria Elettrica:
Antonella Scaglia
Aderisco con molto piacere alla richiesta del Politecnico di Milano, di raccontare il mio percorso professionale, partito dalla laurea in ingegneria elettronica e arrivato oggi a gestire, in qualità di CEO, il Gruppo IMQ, una delle principali realtà nel settore della valutazione della conformità.
Dopo la laurea in ingegneria elettronica presso l’Università degli Studi di Genova, ho conseguito un dottorato di ricerca in Ingegneria elettrotecnica proprio presso il Politecnico di Milano, con una tesi sulla progettazione di sistemi in logica sfumata; questo dottorato mi ha anche offerto la possibilità di collaborare con il Politecnico nell’ambito dell’insegnamento “Elettronica industriale di potenza e azionamenti elettrici”.
Ho iniziato la mia attività lavorativa come progettista, prima nel Gruppo ABB e poi nel Gruppo Ansaldo, dove ho progressivamente ricoperto ruoli di maggiore responsabilità, da direttore della R&D fino ad essere nominata Executive Vice President della Divisione “Motors Generators & Drives” della società Nidec ASI.
Con il Gruppo IMQ è partita per me una nuova sfida: dal mondo della produzione di beni a quello della fornitura di servizi.
Qui sono entrata nel 2014, dopo che i Soci avevano maturato la convinzione che servisse rivitalizzare la gestione delle relative attività, che presentavano un basso tasso di crescita e una redditività modesta. Insomma, ci voleva un manager che potesse preparare e gestire un innovativo Piano di sviluppo.
Quando sono arrivata, ho dedicato un po’ di tempo a conoscere il Gruppo e il settore nel quale operava. Poi ho preparato un Progetto di sviluppo che prevedeva tre direttrici principali: essere un Gruppo a tutti gli effetti; rafforzare la presenza all’estero; estendere e diversificare la gamma dei servizi offerti al mercato.
Nel 2015 il Progetto ha ottenuto l’approvazione da parte dei Soci e siamo partiti; oggi il Gruppo è stato completamente riorganizzato, a livello sia di struttura societaria sia di processi operativi.
È risaputo che le aziende devono essere organizzazioni vive, dinamiche, capaci di adeguarsi alle esigenze del mercato, che mutano continuamente; per chi, come il nostro Gruppo, vuole rappresentare un riferimento di eccellenza nel settore in cui opera, il processo di riorganizzazione non ha mai una fine.
In questi anni trascorsi nel Gruppo IMQ, credo di avere dato e ricevuto molto.
I risultati economici conseguiti dal Gruppo, che hanno mostrato un netto miglioramento, stanno a testimoniare l’efficacia dell’azione svolta sotto la mia direzione; d’altro lato, questi stessi risultati sono per me motivo di soddisfazione e di orgoglio, così come la consapevolezza che sono stati possibili per il contributo fornito da tutti i dipendenti, a partire dai miei diretti collaboratori.
Oggi si celebra la Festa della Donna e una delle domande che mi vengono talvolta rivolte è se abbia trovato difficoltà in quanto donna a gestire realtà grandi e variegate come quelle in cui ho operato.
La risposta che ho sempre dato è che, nella mia attività professionale, non mi sono mai fatta condizionare dall’essere donna e dai fattori discriminanti che pur esistono per chi appartiene al genere femminile. Ho quindi operato le mie scelte sulla base di ciò che ritenevo corretto fare nelle varie situazioni, dopo aver valutato le relative condizioni con gli occhi di una donna, perché una donna sono. Ritengo che questo atteggiamento, unitamente ad un impegno costante e ad una forte determinazione, sia stato uno degli elementi chiave che mi ha consentito di compiere il percorso professionale che ho compiuto.
Silvia Biraghi
Attualmente sono un Certified Innovation Temporary Manager. Accompagno e supporto le aziende nella loro evoluzione in un’ottica di trasformazione digitale mettendo a disposizione le mie competenze per gestire/innovare l’impresa stessa, i suoi processi, uno o più suoi dipartimenti o anche solo singoli e specifici progetti definiti sia in termini di obiettivi da raggiungere che in termini di tempistica.
Mi sono iscritta ad ingegneria elettrica in anni in cui pochissime donne azzardavano una scelta simile. L’ho fatto contro il parere di tutti, familiari e non, l’ho fatto pur sapendo che, come soleva dire mio padre, ingegnere, il mondo non era ancora pronto per una donna in certi ruoli.
Sono stati anni impegnativi ma, nel contempo, splendidi, appassionati, anni che mi hanno dato non solo una formazione accademica ma, cosa più importante, un’esperienza di vita, un “mind-set” che mi ha permesso di fare esperienze inimmaginabili in tutto il mondo, di ampliare i miei orizzonti, di affrontare sfide incredibili e di crescere con determinazione evolvendo fino a diventare il manager e la professionista che sono oggi. Il tutto in un ambiente di appannaggio prettamente maschile. Sono passata dall’ingegneria pura alla gestione di progetti impiantistici complessi, dalle centrali alle linee di trasmissione ad alta tensione, dall’Alta Velocità ad impianti nell’ambito dell’ “oil&gas” fino ad arrivare all’efficientamento energetico e alla trasformazione digitale sempre in un’ottica di sostenibilità. Ora, col bagaglio acquisito negli anni, posso vantare una certa “transilienza” che mi ha permesso di sviluppare competenze trasferibili, capacità “generali” crossoccupazionali, multisettoriali e interconnesse. E tutto ciò senza rinunciare ad essere donna, moglie e madre!
Deborah Buonafine
Mi chiamo Deborah e ho ventidue anni. Sono cresciuta in un piccolo paese in provincia di Salerno, dopo gli studi scientifici liceali ho deciso di intraprendere un percorso universitario che rappresentasse al meglio le mie passioni e aspirazioni: l’amore per il sapere scientifico, l’interesse per la fisica e le sue applicazioni e il desiderio di contribuire al benessere della società. Mi sono così iscritta ad un corso di laurea triennale in Ingegneria Elettrica a Napoli. Mentre le mie compagne mi chiedevano il motivo della mia scelta, molto spesso associata ad interessi maschili, e se fossi sicura di quello che stavo facendo, sono andata avanti, appassionandomi sempre di più alla materia e raggiungendo risultati soddisfacenti che, giorno dopo giorno, mi confermavano che sì, la scelta era quella giusta ed io stavo gettando le basi del mio futuro. Per tre anni ho frequentato classi prettamente maschili ma mai ho pensato di non potercela fare o di valere meno. I miei compagni mi hanno sempre sostenuta, apprezzata e mai ho sentito di dover fare di più per dimostrare chi fossi. Le donne nell’ingegneria possono fare tanto ma, purtroppo, sono ancora poche. Ricordo bene una esclamazione del professore del corso di elettrotecnica: “Quest’anno ci sono soltanto due ragazze?”. Due è esattamente il numero di docenti donne e ingegnere che ho incontrato nel mio percorso che hanno rappresentato per me un modello da seguire. Nonostante il supporto continuo dei miei docenti e colleghi, mi sarebbe piaciuto aver modo di confrontarmi e affrontare il percorso di studi con altre ragazze per creare con loro una rete di comunicazione e raggiungere le donne, facendo capire loro che si può e si deve seguire le proprie passioni, senza farsi intimorire da stereotipi.
La determinazione e la passione mi hanno poi portata a Bologna dove frequento il primo anno del corso magistrale e, al contempo, partecipo ad un progetto che ha come obiettivo la realizzazione di una barca a zero emissioni. L’ Ingegneria Elettrica rappresenta per me un mezzo per raggiungere la società e rispondere alle esigenze di un mondo in continua evoluzione, che necessita di cambiamenti efficaci e sostenibili. Io, noi donne, possiamo contribuire alla transizione energetica del nuovo mondo, al pari di chiunque altro e spero che presto sempre più ragazze possano avvicinarsi a questo settore superando i luoghi comuni, vincendo la paura di sentirsi fuori posto.
Vanessa Siliotto
Sono Vanessa, laureata in Ingegneria Elettrica. A due anni dalla mia laurea posso dire che non avrei potuto fare scelta migliore, in un periodo come questo dove tematiche e centri di ricerca sono sempre più rivolti a creare e sviluppare un pianeta più sostenibile tramite l’impiego di fonti rinnovabili e migliorando l’efficienza energetica.
Il corso di studi in ingegneria elettrica permette molti sbocchi professionali e tratta, grazie alla sua trasversalità, argomenti estremamente attuali come appunto questo della transizione energetica.
Purtroppo le donne in Italia che scelgono questo percorso non sono ancora molte, magari per la “paura” di non farcela o per false credenze sul fatto di far più fatica a trovare un lavoro.
Se si crede in quello che si sta facendo e si vuole fare, nulla risulta difficile, ma la cosa più importante che voglio dire per quanto riguarda la mia esperienza è che una volta laureata ho avuto modo di vedere che molte realtà aziendali hanno sempre più piacere ad inserire figure femminili negli ambienti di lavoro fino ad oggi prettamente maschili, oltre che per togliere tutti i vecchi stereotipi anche per avere una visione più ampia data con il contributo delle donne.
Barbara Giunta
Prima del 2020 non avevo mai sentito parlare dell’acronimo STEM. Non si leggevano articoli (ormai pubblicati quasi settimanalmente) sulla carenza, presente e soprattutto futura, di laureati in materie STEM in Italia, dovuta in gran parte alla mancanza di donne nel settore.
Fino all’anno scorso ero semplicemente una ragazza recentemente laureata in Ingegneria dell’Energia Elettrica, che aveva solo seguito la sua passione per le energie rinnovabili sorta fin dall’adolescenza e assecondato il suo costante desiderio di imparare. Non mi ero resa conto di fare parte di quel misero 17% di ragazze che scelgono di studiare materie STEM in Italia.
Già all’università percepivo il gender gap, quando a Ingegneria Elettrica eravamo solo 9 ragazze su 80 studenti. Ma è poi quando si entra nel mondo del lavoro che si coglie nettamente il divario nell’intero settore dell’energia, dove le donne in ruoli chiave come il management sono la netta minoranza, se non addirittura assenti. Le mie esperienze lavorative in Danimarca mi hanno fatto vivere in un ambiente diverso da quello italiano, ma il gender gap nel settore elettrico è ben presente e purtroppo radicato. Tuttavia, sono convinta e fiduciosa che la tendenza stia cambiando e che presto molti ingegneri donne riusciranno ad ottenere fiducia e responsabilità che una volta erano loro precluse.
D’altronde se non ora, quando?
Le sfide nel settore energetico ed elettrico non sono mai state così eccitanti come lo sono ora. Finalmente la maggior parte dei paesi spinge per ridurre le emissioni del settore dell’energia, per potenziare la rete elettrica e per migliorare l’efficienza energetica degli edifici, attraverso piani ambiziosi di penetrazione di rinnovabili nella rete. Questo periodo storico, per molti aspetti così problematico, si sta rivelando un’opportunità incredibile di crescita del settore energetico e di aumento di possibilità per i nuovi ingegneri. Sia uomini che, soprattutto, donne. La diversità di genere, opinioni ed esperienze è necessaria in questo momento di transizione energetica globale, per arricchire e potenziare qualsiasi processo produttivo e di progettazione. Le aziende più all’avanguardia se ne sono rese conto e stanno perciò puntando molto sulle competenze e soft skills che molti ingegneri donne posseggono.
Mi rivolgo ora a tutti gli ingegneri elettrici, presenti e futuri, uomini ma soprattutto donne: abbiamo di fronte un futuro radioso, ricco di progetti stimolanti e innovativi, grandi aspettative ed anche responsabilità nel percorso di transizione energetica. Non resta che accettare la sfida: se non noi, chi?