Gianna Martinengo ci parla di identità e concretezza
Gianna Martinengo è un’imprenditrice che ha fatto del “fare” il principio attivo di tutto il suo percorso personale e professionale. Proattiva rispetto alle trasformazioni della società e con una naturale predisposizione all’innovazione, ha intrapreso un’appassionata attività di ricerca e sperimentazione delle nuove tecnologie sorretta da una duplice e valoriale esperienza culturale, umanistica (Bocconi e Cattolica) e tecnologica (Stanford, Ca).
Fondatrice e CEO di Didael KTS – società di consulenza e servizi nel settore dell’Open Innovation – ha fondato molte start-up in Italia e all’estero, sviluppato centinaia di progetti nei settori dell’innovazione tecnologica e sociale collaborando con le più importanti realtà imprenditoriali internazionali, università e centri di ricerca nel mondo.
Membro dell’Advisory Board di STOA, Panel for the Future of Science and Technology – European Parliament.
Fondatrice e Presidente di Women&Tech® Associazione Donne e Tecnologie.
“Tante anime, tanti cacciaviti”
Anni fa tutti dicevano che fra i figli della borghesia rampante, quasi tutti i giovani venivano incoraggiati a scegliere formazioni “vincenti”: giurisprudenza, economia, marketing, management. Oggi, per esperienza personale, molti giovani di “buona famiglia”, di entrambi i generi, scelgono discipline fortemente quantitative, tecnico-scientifiche.
I giovani intuiscono il futuro meglio di noi meno giovani, per fortuna! Riporto il ricordo del prof. Stefano A. Cerri https://www.didaelkts.it/stefano-a-cerri/ che più di 10 anni fa, nell’aula magna dell’Università di Annaba (Algeria, la città di Sant’Agostino) a cui era stato invitato per un seminario sull’Informatica con invito ad un “pubblico esteso”, sulle 500 persone presenti c’erano almeno 300 ragazze, quasi tutte velate, con la voglia di scegliere una disciplina che avrebbe offerto loro un futuro. E lui aveva parlato della differenza fra prodotto e servizio, un tema molto attuale anche oggi, non solo in Informatica.
Conoscendo i Paesi dell’Europa dove al massimo il 15% di ragazze sceglie Informatica, sono rimasta molto colpita.
Anima e cacciavite, cioè identità e concretezza, materie socio-umanistiche e tecnico-scientifiche insieme per affrontare le tre maggiori sfide attuali, che traduco con i termini preferiti da me: la Salute, l’Ecologia e l’Informazione. Vorrei dire che esistono molte anime possibili su ognuna delle tre sfide come esistono molti cacciaviti. Il vero problema mi pare quello del consenso su quale anima e quale cacciavite per quale problema.
Non ho una soluzione, non esistono soluzioni semplici per i problemi complessi. Una questione, tuttavia, mi pare prioritaria nel nostro Paese: da anni esiste un profondo scompenso fra le competenze della nostra “classe dirigente”, in particolare politici, giornalisti e pubblica amministrazione, ed il loro potere rappresentativo della intera società. Mi sembra una constatazione ovvia quanto doverosa, rilevare che quasi tutti questi dirigenti sono di estrazione “socio-umanistica”.
Non trovo molti medici, farmacisti, biotecnologi, infermieri, … (mi pare che il tema “Salute” dipenda da queste competenze); non trovo molti chimici, fisici, biologi, ecologi, geologi, … (mi sembra che il tema “Ecologia” dipenda da queste competenze); non trovo molti informatici, matematici, elettronici, statistici, linguisti (mi sembra che il tema “Informazione” dipenda da queste competenze). Possibile che nel nostro amatissimo Paese di queste questioni parlino sempre solo filosofi, storici, scrittori, sociologi, giuristi, psicologi non medici, giornalisti di ottima cultura umanistica (non sempre) ma zero esposizione a scienza e tecnica?
La mia non è una questione di diplomi, di lauree o di origini, ma di competenze. Esistono ottimi giornalisti scientifici, sociologi che conoscono benissimo la statistica ed i linguaggi di programmazione informatici, psicologi che hanno una fortissima cultura scientifica che NON è quella umanistica. Per esempio, che conoscono la sperimentazione scientifica, la verifica di congetture, la misura di variabili, la previsione di effetti a partire da cause, l’interpretazione statistica dei dati. Persone – pur di cultura originariamente socio-umanistica – che hanno capito che le proposizioni falsificabili – le uniche che sono soggette a verifica – fanno progresso perché cumulano fra di loro permettendoci di costruire teorie verificabili, non emozioni spesso volatili.
Tutti, oggi, sono disposti a riconoscere che le donne sono sottorappresentate nelle posizioni di potere: politica, dirigenti pubblici e privati, livelli alti di decisione. Sono sempre stato contraria alle quote rosa, ma altrettanto ferocemente attaccata ai concorsi aperti ad ogni posizione, anche di grande potere, con commissioni giudicatrici indipendenti. Cioè ferocemente partigiano del binomio “collaborazione e competizione” paritaria, equa, come motori storici del progresso, oltre che della selezione naturale in biologia e della regolazione fra mercati e fra offerta e domanda in economia: l’antitrust è esattamente questo! Sono sicuro che in concorsi aperti ed onesti le donne vincerebbero come e più degli uomini; con il vantaggio enorme della loro autostima perché non scelte per quote riservate ma per competenza.
Credo analogamente che si debba “aprire” alla società dei cacciaviti (medici, ingegneri, informatici, biologi, chimici, … artigiani, agricoltori, operai … dove sono finiti ?) l’accesso ai quartieri alti della politica, dei media e della pubblica amministrazione.
Semplicissimo: basta cooptazioni, per ogni posizione: bando di gara pubblicato e comitato indipendente. Nel giro di pochissimi anni l’intera società sarebbe molto potenziata, empowered come anime (valori, cultura, …) e anche come cacciaviti (competenze attuali e soprattutto future).
Gianna Martinengo https://www.didaelkts.it/gianna-martinengo/